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Produzione culturale

“La Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze sta organizzando lo spettacolo “Marina Abramovic, The Cleaner” con modalità e regole che Slc Cgil ritiene in violazione di legge e di norme contrattuali, per le modalità di reclutamento, per il contratto di lavoro applicato e per le liberatorie chieste agli attori.” Inizia così la lettera che Emanuela Bizi, segretaria nazionale Slc Cgil ha inviato ai vertici della Fondazione Palazzo Strozzi e per conoscenza al Ministro per i beni e le attività culturali ed al Sindaco di Firenze, comunicando la tutela sindacale e legale dei lavoratori coinvolti.

“Si obbligano  i professionisti che parteciperanno allo spettacolo – sottolinea la dirigente sindacale – a sottoscrivere, oltre al contratto di lavoro, una liberatoria in cui si comunica la volontà di  partecipazione ad un workshop  non retribuito,  di produrre insolite certificazioni mediche che dovrebbero, secondo gli organizzatori, scaricare la fondazione da eventuali responsabilità riguardo infortuni e/o incidenti fisici legati all’attività lavorativa e si prospetta l’assunzione applicando il contratto del terziario in luogo del  contratto di settore, sottoscritto ad aprile e che prevede tutte le soluzioni idonee  e soprattutto legali per la contrattualizzazione dei professionisti necessari allo spettacolo.”

Slc pertanto diffida la Fondazione “dal pretendere dai lavoratori la firma della liberatoria prevista che obbliga sostanzialmente il professionista a chiedere di lavorare gratis (workshop); produrre una certificazione medica sulla sua idoneità fisica e mentale e la sua capacità di sostenere gli sforzi previsti sollevando il datore di lavoro dalle responsabilità di eventuali danni psico-fisico (violazione della normativa su salute e sicurezza); cedere a titolo gratuito le proprie immagini; dare una disponibilità di risposta alla chiamata senza che il contratto preveda la relativa indennità.”

“La Fondazione ha contattato professionisti, che hanno accettato di partecipare visto l’alto valore della mostra, ed avrebbe dovuto retribuirli adeguatamente, dando un giusto compenso e retribuendo il diritto d’immagine.”

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