Lo Scenario.

Come a tutti noto, verso la fine del 2012 il Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia approvò la societarizzazione del Caring. Decisione assunta a causa del crescente divario del costo tra l’attività gestita direttamente e quella gestita tramite ricorso ad appalto di servizio. L’atto del C.d.A., unitamente alla situazione generale dell’azienda che vedeva, e vede tuttora, una forte contrazione del fatturato, portò alla stipula degli accordi del 27 marzo 2013, gestendo in maniera non traumatica gli esuberi denunciati attraverso l’internalizzazione di attività per riassorbirli entro la fine del biennio.

Inoltre, fu sospesa l’esternalizzazione del caring per un anno a fronte di interventi organizzativi che ne avrebbero fatto aumentare la produttività.

Così come definito dall’accordo, un anno dopo è stata avviata una verifica per stabilire se gli interventi organizzativi realizzati fossero sufficienti a far superare completamente il progetto di societarizzazione.

Lo svolgimento della Trattativa.

Nel mese di giugno del 2014 i vertici aziendali, pur riconoscendo i risultati conseguiti con l’accordo del 27 marzo, hanno dichiarato che per superare la societarizzazione del caring, anche in considerazione delle dinamiche tariffarie riconosciute ai fornitori di tali servizi, sarebbe stato necessario definire un nuovo modello organizzativo che, associando produttività e qualità del servizio, fosse in grado di giustificare il maggior costo da sostenere mantenendo all’interno la gestione delle attività.

Il nuovo modello proposto dall’azienda, il “Cloud delle Competenze”, si fonda, sostanzialmente, su un concetto largamente diffuso e praticato per la qualità del servizio offerto: indirizzare le chiamate dei clienti, sulla base delle loro necessità, verso l’operatore con le competenze specifiche più idonee a rispondere adeguatamente alle loro richieste. Si supera in tal modo il concetto rigido del modulo di appartenenza per approdare a un modello organizzativo che si fonda sugli skill professionali.

La prospettazione del modello ha evidenziato da subito alcuni aspetti fortemente critici perché, per produrre una “skillatura” oggettiva e non filtrata del personale, è necessario utilizzare i dati individuali del lavoratore al fine di valutare le competenze del singolo e indirizzare i necessari percorsi formativi.

Tale opportunità, peraltro già presente in tutto il mondo del lavoro, in ambito call center comporta il rischio che i dati siano utilizzati per esercitare pressioni sulla performance del lavoratore con un peggioramento delle condizioni di lavoro.

Già oggi si assiste a forti pressioni esercitate sul personale con il fine di massimizzare la quantità (a scapito della qualità) e far conseguire i premi (canvass) alla linea gerarchica. In più, le stesse slides presentate nel mese di giugno dall’azienda, proponevano un modello che legasse la performance individuale al salario unilaterale dell’azienda.

Con questo evidente rischio si è aperto un confronto durato oltre quattro mesi, in cui sono stati affrontati vari temi che hanno posto, a fronte del progetto aziendale, tutti i contenuti rivendicativi della piattaforma approvata dai lavoratori nelle assemblee.

I mesi di trattativa hanno consentito di modificare sostanzialmente il progetto iniziale presentato dall’azienda e introdurre la quasi totalità dei temi proposti nella piattaforma sindacale.

Durante l’incontro del 12 e 13 novembre l’azienda ha presentato, nella giornata del 12, un testo definendolo conclusivo.

Quel testo non aveva sufficienti elementi di tutela per i lavoratori perché non si prevedeva un divieto esplicito a fare richiami sulla performance del lavoratore, non si affrontava il problema delle canvass e si escludeva che il lavoratore potesse farsi assistere da una RSU durante gli incontri propedeutici a definire gli interventi formativi e l’aggiornamento delle competenze del singolo lavoratore.

La contrarietà espressa al tavolo da SLC CGIL ha consentito di produrre un nuovo testo, presentato nel pomeriggio del giorno 25 novembre, in cui si interveniva su tre aspetti fondamentali:

  1. si introduceva il divieto a fare richiami sulla performance del lavoratore;
  2. si prevedeva la facoltà del lavoratore di farsi assistere da una RSU durante l’incontro formale con la linea aziendale;
  3. si introduceva il divieto a riconoscere integrazioni salariali unilaterali sulla base dei dati di performance.

In quell’occasione SLC CGIL ha riconosciuto i significativi avanzamenti accettati dall’azienda rivendicando, nel contempo, la necessità di proseguire il confronto per continuare ad avvicinare le posizioni delle parti.

In particolare, SLC CGIL rivendicava una totale incongruenza tra gli obiettivi previsti (skillatura e formazione) e le modalità di visualizzazione dei dati che ne consentivano la lettura a tutta la struttura di governo e l’intera linea gerarchica.

La posizione assunta da SLC CGIL è stata respinta dai vertici aziendali che hanno dichiarato concluso il confronto.

Il 31 novembre e il 1 dicembre è stato riconvocato il coordinamento a cui è stato riproposto il testo già respinto durante il coordinamento precedente. SLC CGIL ha confermato la necessità di proseguire nel confronto.

L’azienda, CISL e UIL dichiaravano di ritenere finita la trattativa e decidendo di sottoporre i contenuti ad una non meglio definita consultazione dei lavoratori; consultazione che si sarebbe dovuta tenere il 20 dicembre 2014.

La dura reazione della SLC CGIL finalizzata a riaprire il confronto, fondata sul fatto che stava avvenendo fosse completamente fuori dalle regole e da quanto previsto dal “testo unico sulla rappresentanza” sottoscritto in data 10 gennaio 2014, ha aperto un ampio fronte di dissenso che ha obbligato l’azienda a rivedere le proprie posizioni, Fistel e Uilcom a sospendere la consultazione del 20 dicembre e riaprire il tavolo del confronto riconvocando il coordinamento nazionale per il giorno 18 dicembre.

È così riconvocato il coordinamento, il giorno 20 dicembre, al quale è sottoposto un testo con le ulteriori modifiche chieste da SLC CGIL, in particolare:

  1. la visualizzazione dei dati sarà consentita solamente alla sala regia per orientare il routing del traffico e in tempo differito dalle strutture preposte a predisporre la formazione e la skillatura del personale, escludendo in tale modo il coinvolgimento della linea gerarchica che non ha titolo alcuno per analizzare i dati;
  2. il divieto sui richiami al lavoratore è arricchito della definizione “appunti” (n.d.r. sinonimi: annotazioni, rimproveri, critiche, biasimi, accuse, rimostranze) definendo in maniera precisa e inequivocabile che i dati non potranno essere utilizzati per fare pressioni sul lavoratore;
  3. si riducono a 10 (con trasferimento entro i 40 km e opzione per il telelavoro) le sedi da chiudere a fronte delle 42 previste dall’accordo del 27 marzo;
  4. si ripristina il diritto per tutto il personale del caring di usufruire delle due settimane di ferie nel periodo estivo.

Acquisiti questi ulteriori risultati, la SLC CGIL ha deciso di rimettersi alla volontà della maggioranza delle RSU presenti nel coordinamento, proprio per garantire il pieno rispetto delle regole democratiche che la CGIL ha contribuito a definire con il testo unico sulla rappresentanza e, soprattutto, considerando la delicatezza dei temi trattati e il dissenso espresso da una parte del coordinamento, SLC CGIL ha chiesto che l’ipotesi di accordo sia sottoposta al voto di tutti i lavoratori coinvolti attraverso un referendum certificato.

In questo modo i lavoratori potranno esprimersi dando pieno valore alla democrazia sindacale, che non deve diventare un feticcio per fare battaglie politiche ma esercizio della responsabilità nel rispetto delle regole esistenti.

Infine, sarà un referendum che consentirà una libera espressione di voto ai lavoratori perché non condizionato dal ricatto aziendale.

I contenuti dell’accordo in sintesi.

L’accordo definisce molti aspetti inerenti alla vita del personale del caring services, dalla mobilità e crescita professionale, alla trasformazione da part time a full time, il rientro delle attività gestite nei Paesi extra Unione Europea, gestione flessibilità e coinvolgimento delle OO.SS sulla partita inerente agli investimenti tecnologici e la semplificazione delle procedure. Tutti temi contenuti nella piattaforma rivendicativa del sindacato e di cui è facile avere un riscontro analizzando i risultati ottenuti e le richieste avanzate.

Il cuore dello stesso è rappresentato da un modello di Caring Services sostenibile, nella consapevolezza che il divario del costo tra l’attività gestita internamente e quella tramite ricorso a fornitori esterni mette a repentaglio la possibilità di mantenere i lavoratori coinvolti all’interno del perimetro di Telecom Italia e che una cessione di ramo aziendale avrebbe effetti devastanti sull’occupazione e sui diritti dei lavoratori stessi. Infatti Telecom Italia resta l’unica impresa di telecomunicazioni europea ad aver mantenuto al proprio interno una quota significativamente alta di attività di caring services.

Per cogliere tale risultato si è individuato un modello organizzativo che, attraverso l’indirizzamento delle chiamate tramite le competenze e le skillature, si pone due obiettivi: il primo è di aumentare la qualità del servizio reso al cliente, il secondo di mantenere livelli di produttività in grado di compensare, almeno in parte, il divario di costi esistente.

L’ipotesi di accordo si concentra essenzialmente su questi temi, provando a correggere un modello, già oggi praticato, della quantità fine a se stessa che determina un inevitabile peggioramento della qualità e un’insostenibilità delle condizioni di lavoro da parte dei dipendenti.

Per consentire il raggiungimento del risultato, con l’aumento della produttività collettiva del caring, collegato a un miglioramento della qualità del servizio, avendo riguardo per le condizioni di lavoro delle persone, l’ipotesi di accordo si è articolata su tre concetti fondamentali:

  1. Definire chiaramente gli obiettivi che le parti si propongono: sono stati individuati nell’indirizzamento delle chiamate secondo la skillatura del personale presente e a eseguire interventi formativi mirati;
  2. Individuare puntualmente la tempistica e le persone che possano accedere ai dati in coerenza con gli obiettivi fissati: in questo caso il coinvolgimento della sala di regia e delle strutture preposta a predisporre formazione e skillatura elimina la possibilità di accesso alla linea gerarchica;
  3. Introdurre divieti e sanzioni per la violazione delle regole definite: in questo caso si introduce un sistema rigido che proibisce di poter fare “richiami/appunti al lavoratore con riferimento alla performance lavorativa” e introduce, finalmente, uno strumento di difesa per il lavoratore. In questo modo mail, messaggi, richiami verbali o quant’altro oggi utilizzato non sarà più nelle disponibilità dei superiori gerarchici perché tali atteggiamenti comporteranno l’immediato riconoscimento del comportamento antisindacale (art. 28 legge 300/70) con sanzione penale nei confronti dell’azienda. Inoltre, sarà vietato l’utilizzo dei dati per il riconoscimento di integrazioni salariali ai lavoratori, limitando pesantemente l’istituto delle canvass oggi praticato in azienda. Parallelamente è stata istituita una nuova pista del premio di risultato per gli operatori del caring che premierà l’aumento di produttività collettiva e non più quella individuale aprendo la strada, in questo modo, a un vero e proprio mutamento culturale.

Inoltre, finalmente sarà concessa un’agibilità politica alle RSU che non saranno costrette a limitarsi a scrivere comunicati in cui non ci si spinge oltre la lamentela e alla denuncia ma avranno strumenti per intervenire concretamente nella difesa della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori.

Analogamente, l’aver permesso al lavoratore di poter essere assistito da una RSU nei colloqui con i propri responsabili (introducendo una novità assoluta nell’ambito dei colloqui gestionali) consentirà al lavoratore di chiedere al proprio sindacato di essere tutelato e non sentirsi sempre rispondere che è necessario difendersi e farsi rispettare agendo in prima persona.

Da ultimo, per cronaca e non per importanza, l’accordo sancisce il divieto a procedere a esternalizzazioni delle attività per un periodo di tre anni (comprensivo del rientro delle attività gestite fuori dei confini europei) garantendo in questo modo un tempo sufficientemente lungo per permettere al sindacato di completare la dura vertenza che riguarda il mercato call center in outsourcing, vera condizione imprescindibile per immaginare di garantire lavoro, dignità e uguaglianza tra i lavoratori.

E’, infatti, del tutto evidente che senza un intervento radicale rispetto a quanto sta accadendo al sistema delle tariffe e dei diritti dei lavoratori nelle attività gestite in appalto sarà impossibile mantenere all’interno le attività di Telecom Italia.

Ora la parola passa ai lavoratori, che dovranno analizzare nel merito i contenuti dell’accordo e gli obiettivi che lo stesso si prefigge e decidere, liberamente, se condividerli o no con la propria espressione di voto.

Per questo motivo la Segreteria Nazionale ha deciso di assumersi fino in fondo le proprie responsabilità e sottoscrivere l’ipotesi raggiunta, per il rispetto delle regole democratiche e con la convinzione che gli strumenti introdotti garantiranno una migliore qualità complessiva all’interno del caring services.

Roma, 12 Gennaio 2015            La Segreteria Nazionale SLC‐CGIL

ALLEGATI:

Ipotesi Accordo Caring 18-12-2014

Comunicato Unitario del 19/12/2014

Parere legale Prof La Macchia 12-1-15

Regolamento referendum

scheda voto

verbale operazioni di voto

0
0
0
s2sdefault