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Ieri è proseguito il confronto per la vendita dei rami di azienda Infocontact delle sedi di Rende e Lamezia.

Il confronto su Rende ha registrato uno strappo molto grave che profila una divisione sindacale che non giova ai lavoratori di Infocontact e, temiamo, del settore.

Come SLC-CGIL riteniamo che i termini dell’accordo raggiunti ieri non rappresentino in nessun modo un equilibrio perché scaricano solo sui lavoratori il peso di una situazione che li vede, è bene ricordarlo a tutti, come vittime di una cattiva gestione aziendale prima e di un vero e proprio ricatto occupazionale dopo.

Alla fine 306 lavoratori, se l’accordo venisse approvato, vedranno il loro contratto trasformato da Comdata (la società acquirente) in part time a 20 ore settimanali, dell’attuale staff verrebbero assunti in 19, lasciando fuori quindi 23 persone che non rientrano neanche in un ipotetico bacino di prelazione, semplicemente saranno licenziate sulla base della scelta unilaterale del compratore. Gli attuali lavoratori full time (58) che verranno riassorbiti, non tutti visto che le 23 risorse dello staff licenziate sono tutte full time, vedranno trasformato il loro contratto a 30 ore settimanale (la minore riduzione delle ore sarà possibile solo a condizione che si concretizzino uscite volontarie, altrimenti saranno trasformate a 20 ore come gli altri, quindi una “concessione” a saldo zero che di fatto viene “finanziata” dalle uscite di altri lavoratori col paradosso che se dovessero uscire più persone di quelle utili ci sarebbe un’ulteriore perdita di ore lavorate). Tutto questo subordinato alla firma obbligata di un tombale da parte del lavoratore che, in caso di rifiuto, non verrebbe assunto da Comdata e quindi sarebbe licenziato da Infocontact. L’ennesima prova di ciò che sosteniamo, purtroppo da soli, dall’inizio di questa vicenda: la riduzione dell’orario contrattuale non rientra fra le materie derogabili con l’art 47 della Legge 428/90, tanto è vero che chi non firma il tombale non viene assunto. Questo elemento rappresenta un ulteriore elemento di grave irregolarità giuridica di tutta questa vicenda: la deroga al 2112 del codice civile consente in effetti di passare alla nuova azienda un numero minore di lavoratori in base a chiare esigenze industriali (quindi un numero chiaro e stabilito) e non in base alle adesioni alle condizioni imposte (quindi un numero variabile: nel nostro caso la deroga consentita è rappresentata dai 23 lavoratori sicuramente non compresi per motivi di “sostenibilità” dell’operazione, e non da quelli che non dovessero accettare la diminuzione dell’orario di lavoro, disponibilità che la giurisprudenza di questo Paese da solo al lavoratore!!).

Noi continuiamo a sostenere che una soluzione alternativa rispettosa della condizione delle persone e dell’ossequio alle leggi esiste e può essere percorsa. L’utilizzo di ammortizzatori sociali e di strumenti di flessibilizzazione dell’orario di lavoro (multi periodale, orari spezzati, banche ore) permette da subito di partire con un utilizzo giustamente dimensionato della forza lavoro che non graverebbe (cosa più che comprensibile) sulla nuova azienda e, nel contempo, garantirebbe comunque ai lavoratori una prospettiva certa di recupero di un salario dignitoso. Purtroppo ieri abbiamo dovuto registrare una chiusura netta dell’azienda e, cosa molto più grave, un disinteresse totale da parte del Ministero dello Sviluppo Economico all’intera vicenda, tanto che la gestione Commissariale ha presentato alle Segreterie nazionali, a giustificazione del rifiuto a percorrere strade alternative, l’esistenza di un “presunto” cambiamento di approccio da parte governativa alle crisi del settore dei call center per cui ormai la leva degli ammortizzatori sociali in deroga come strumento che possa aiutare a limitare i danni ai lavoratori nella gestione di crisi provocate dall’assenza di una normativa specifica degli appalti debba essere ritenuta come un eccezione da superare. Ed è possibile che il mondo sindacale “digerisca” una cosa simile? La tutela dell’occupazione, in Calabria come nel resto del Paese, è un imperativo categorico dal quale non si può prescindere, ma con altrettanta chiarezza bisogna capire, una volta per tutte, che in queste condizioni non si tutela l’occupazione, si abbassano diritti a delle persone (oggi quelle di Infocontact) producendo le condizioni perché domani, non fra qualche mese, dovremo abbassare ulteriori diritti ad altri lavori di altre aziende. Dove si pensa di poter arrivare? Davvero possiamo permettere al Governo di disinteressarsi di queste vicende scaricando completamente il peso di quest’ignavia sulle persone che dovremmo rappresentare e tutelare? Domani si andrà in assemblea a rende a spiegare che 4 ore sono meglio di 0: la scoperta dell’acqua calda! Ma chi farà queste assemblee si rende conto che, accettando questa deriva, alla prossima assemblea dovrà probabilmente spiegare che 2 ore sono meglio di 0? Tutto questo è reso più triste dal fatto che un’alternativa esiste, a cominciare da Infocontact, per tutelare le persone e farsi carico delle legittime richieste di aziende che vogliono partire con una forza lavoro giustamente dimensionata:basterebbe non fermarsi alla soluzione più semplice e basterebbe chiedere allo Stato di fare la propria parte ed alle aziende di osare un po’ di più, dando per scontato che le lavoratrici ed i lavoratori la propria parte di sacrificio sono disponibili a metterla in campo se serve ad avere un orizzonte di sviluppo e non una prospettiva di mera sussistenza.

Per quanto attiene invece il ramo di Lamezia dobbiamo registrare l’ennesimo nulla di fatto. La posizione di forte chiusura dell’Abramo Customer Care (tutti a 4 ore, persone comunque fuori dal perimetro e azzeramento degli scatti di anzianità) a consentito al fronte sindacale una posizione unitaria. E’ chiaro che per quanto riguarda la SLC-CGIL vale quanto detto sin’ora per la trattativa con Comdata. Il nostro totale dissenso con le Proposte di Abramo non potrà cambiare con ul pugno di passaggi a 6 ore!

Per questi motivi la SLC-CGIL continua a pensare che la vertenza Infocontact non sia chiusa! I commissari lavorino per una soluzione equa, il sindacato ritrovi una unicità di vedute a partire dalla responsabilizzazione delle Istituzioni su questa partita come sul resto della vertenza call center.

La Segreteria Nazionale di SLC-CGIL

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