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Con la dichiarazione della chiusura della storica sede di Cesano Boscone del call center E-Care ed il conseguente licenziamento di 489 lavoratori si giunge all’ultimo atto di una vertenza aperta oltre un anno fa per far fronte, con i sacrifici sostenuti dai lavoratori, alla decisione di Fastweb di cambiare fornitori, non per problemi di qualità o di costi incompatibili, ma per scelte strategiche della società.

Ancora un caso diretta conseguenza della normativa sugli appalti che, in contrasto con le indicazioni dell’UE recepite quasi ovunque, consente libertà di licenziare ad ogni cambio appalto.

A fronte della pur legittima scelta di Fastweb di cambiare fornitori (ci auguriamo non per abbattere le tariffe e quindi impoverire i lavoratori), i lavoratori non devono perdere il lavoro perchè è stato semplicemente trasferito ad altra azienda.

E’ inspiegabile che il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero del Lavoro non abbiano mai convocato le parti nonostante lo scorso 14 luglio gli fosse stato richiesto un incontro unitariamente dalle organizzazioni sindacali che avevano già paventato la situazione che purtroppo si è concretizzata ieri.

E-Care ha spiegato ai lavoratori che tra le ragioni che hanno condotto alla decisione di chiudere e licenziare vi è l’alto costo del lavoro del sito, tralasciando che i lavoratori avevano già subito notevoli decurtazioni alle retribuzioni con gli ammortizzatori sociali e con il blocco degli istituti economici di secondo livello.

Se il nostro ordinamento giuridico riconosce la libertà d’impresa, e la garantisce con norme, mentre non ci sono norme che definiscano in concreto la responsabilità sociale dell’impresa nel cambio di appalto, ciò non obbliga certo alcuno dei soggetti a scaricare sulla collettività il costo sociale di 489 licenziamenti per scelte commerciali, ancorché legittime. Si impegnino dunque tutti, stazione appaltante, appaltatore uscente e appaltatori subentranti, a trovare le soluzioni occupazionali in tempo utile.

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