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La relazione di apertura ha già perfettamente tracciato le coordinate del ragionamento che stiamo portando avanti tutti insieme, come avviene da anni.

Anni in cui, anche per accompagnare il profondo processo di trasformazione del mondo dell’editoria, ma non solo, abbiamo continuato a rivendicare un piano di razionalizzazione dei contributi pubblici insieme ad una regolamentazione dell’accesso agli stessi, che fosse assolutamente trasparente.

Oggi questo piano si è in parte realizzato, e crediamo che questo sia frutto anche del nostro comune lavoro, oltre che di una diversa attenzione ai problemi del settore, di una parte della politica.

Si tratta però di un percorso non del tutto completato, che presenta parecchie lacune e vere e proprie emergenze,
un percorso che dovrà accompagnare l’innovazione tecnologica sapendo che, sebbene lo sviluppo di nuove piattaforme multimediali, in grado di veicolare cultura e informazione, abbia da tempo apportato importanti modifiche agli assetti del comparto dell’editoria, la carta stampata, di certo non è destinata a scomparire.

Eviterò di essere ripetitiva riprendendo tutti i ragionamenti fin qui fatti, che vedono la nostra totale condivisione, ma su un aspetto ritengo doveroso ribadire il nostro punto di vista:

la razionalizzazione delle risorse non può accompagnarsi ad ulteriori riduzioni.

Altrimenti parliamo semplicemente di tagli indistinti, che tutto fanno tranne che sostenere percorsi di sviluppo.
Questo però purtroppo è quello che abbiamo continuato a registrare negli anni, pur se con le dovute distinzioni.
Anche noi infatti non possiamo non riconoscere il cambio di passo fatto dal Governo con lo stanziamento nella Legge di Stabilità di 50 milioni, così come riteniamo sia importante che l’intervento abbia un respiro triennale,
riconosciamo anche l’attenzione mostrata dal Sottosegretario Legnini che, con le sue linee di intervento ha inteso tracciare un percorso nuovo, percorso che però va sostenuto con azioni concrete e, quindi, con scelte ancor più coraggiose.

Dico scelte non a caso. Il momento storico che viviamo è particolarmente difficile, perché segnato dalla più grande crisi che il nostro paese abbia conosciuto dal dopoguerra ad oggi e le risorse a disposizione sono comprensibilmente poche. Ma forse proprio per questo è necessario capire a cosa non si può rinunciare, e scegliere.

Non si tratta di elemosinare qualche risorsa in più, si tratta di rivendicare quel diritto al pluralismo da più parti continuamente attaccato che soltanto la destinazione di maggiori risorse per i contributi diretti potrà garantire.

Il pluralismo non è solo quanti minuti dai in televisione a ciascun partito politico, pluralismo è anche e soprattutto un sistema diffuso di informazioni che rappresentano il territorio.

Se letta correttamente la realtà, fa allora sorridere Grillo quando dice che i contributi all’editoria vanno tagliati.
Sarebbe a quel punto più onesto se avesse il coraggio di affermare che l’articolo 21 della nostra Costituzione va cancellato!

Ecco noi invece quell’articolo lo difendiamo con forza. Perché la democrazia di un paese non è un argomento con cui giocare sui blog e siamo convinti che sia proprio il contributo pubblico a garantire indipendenza.

Contemporaneamente, però, consideriamo indispensabile e non più rinviabile una discussione sulle scelte strategiche che devono essere fatte per rilanciare un comparto così fondamentale per la vita democratica del paese.

Abbiamo bisogno allora di una riforma strutturale che apra ad un confronto sull’intero sistema della comunicazione e dell’informazione (comprese, quindi, radio e TV e, tra queste le TV e radio locali che sono le più compromesse dagli effetti della crisi) a partire dalla distribuzione del mercato pubblicitario e dalla modifica della Legge “Gasparri”, origine di tutte le storture che ancora oggi registriamo;
Non dimentichiamo infatti che i tagli hanno colpito duramente l’editoria, ma anche l’emittenza privata.

In questo senso dunque il piano che il Sottosegretario Legnini ha in mente è incoraggiante, ma necessita a nostro avviso delle necessarie integrazioni con politiche di raccordo tra il mondo dell’editoria e quello dell’emittenza se vogliamo (e dobbiamo farlo) garantire riferimenti normativi di sistema che rispondano alle esigenze di entrambi i settori e che accompagnino al tempo stesso l’evoluzione del mercato.

Oggi abbiamo sentito diverse richiami (alcuni li abbiamo fatti noi stessi) alle linee di intervento proposte dal Sottosegretario e sottoscritte dalle associazioni datoriali, e ci auguriamo che la scelta di non aver convocato il sindacato su questi temi abbia rappresentato solo un incidente di percorso e per questo ci rendiamo fin d’ora disponibili al confronto per il futuro.

L’editoria “tradizionale” è un mondo complesso, che parte dalla produzione della carta (e l’ultimo stabilimento che produceva carta da giornale è stato chiuso, a Mantova, pochi mesi fa e oggi dipendiamo totalmente dall’estero) fino alla rete di vendita delle edicole.
Questo mondo noi lo rappresentiamo tutto, il che ci consente di avere una visione completa su tutto il ciclo produttivo dell’informazione.
Per questo motivo crediamo di dover stare, a pieno titolo al tavolo che verrà convocato insieme alle associazioni fin qui coinvolte.

Senza contare inoltre che per la nostra Organizzazione Sindacale la riforma dell’editoria costituisce un passaggio determinante anche per rimettere al centro della discussione il tema del lavoro.
Riteniamo infatti che essa rappresenti uno strumento indispensabile per accompagnare i processi di trasformazione e di riconversione e riqualificazione di migliaia di lavoratrici e di lavoratori che oggi hanno scarse prospettive per il futuro.

La strada da fare è ancora parecchia, ma per fortuna non partiamo dall’anno zero.
E’ stato fatto tanto, ma come in ogni situazione, le buone idee senza gambe non camminano.

L’emergenza che poniamo oggi è quella di un settore, quello dell’informazione cooperativa, letteralmente al collasso. Ci sembrava necessario dare il nostro contributo per accendere un ulteriore riflettore su questo problema.
Aspettiamo fiduciosi impegni concreti a difesa di quella che è stata definita l’”editoria pura” e, per logica conseguenza, a difesa anche delle lavoratrici e dei lavoratori che contribuiscono a realizzarla.

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