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XXVII Festival Internazionale di Cinema e Televisione
Accademia di Francia
Villa Medici , Viale della Trinità dei Monti 1, Roma
12 ottobre 2013

Convegno
Una nuova carta d'identità per la Rai - Il rinnovo della Concessione del Servizio pubblico

Introduzione di Barbara Apuzzo

Per prima cosa desidero ringraziare il Direttore Generale dell' Accademia di Francia: Éric De Chassey per aver ospitato i nostri lavori di oggi in questa sede meravigliosa, così come voglio ringraziare tutte le associazioni presenti, alle quali continuano ad aggiungersene altre, per aver condiviso il percorso che la Fondazione Di Vittorio e l’associazione Articolo 21 hanno promosso nei mesi scorsi con l’obiettivo di rimettere al centro della discussione pubblica il tema del rinnovo della concessione del servizio pubblico radiotelevisivo.
Per avviare il ragionamento su come scrivere la nuova carta d’identità della RAI, il 2 luglio di quest’anno, si è tenuto un primo convegno presso il CNEL nel corso del quale abbiamo voluto proporre un metodo nuovo di confronto tra istituzioni e associazioni culturali, dipendenti della Rai, produttori, sindacati, autori, giornalisti, e tanti altri che per brevità, scusandomi, non cito, con l’obiettivo di trasformare un semplice atto amministrativo in una riflessione collegiale sui nuovi diritti di cittadinanza, sulle modalità di diffusione della cultura e dell'informazione e sullo sviluppo dell'industria della comunicazione del nostro paese.

In quell’occasione abbiamo distribuito un documento, frutto del lavoro di gruppo svolto da soggetti diversi, in cui abbiamo posto l’accento sulla necessità di avere un servizio pubblico più in linea con gli standard europei, basato su un modello produttivo "total digital", un servizio pubblico che deve vedere tra i suoi compiti lo sviluppo della promozione e della diffusione della cultura italiana all'estero. E che deve al contempo concentrare maggiormente l’attenzione sullo sviluppo di produzioni culturali di qualità e sulla valorizzazione delle professionalità che hanno contribuito alla loro realizzazione.

I prodotti culturali infatti, se ben fatti, non hanno tempo. Possono essere trasmessi più volte continuando a registrare il gradimento da parte del pubblico, il che potrà garantire entrate economiche derivanti dalla pubblicità e, allo stesso tempo, il riconoscimento dei diritti d’autore a coloro che li hanno realizzati.

In questo senso, l’idea di dedicare un canale Rai al teatro è vincente, a condizione che si rispetti il principio secondo il quale ogni ambito ha il suo linguaggio e che questo venga correttamente tradotto da registi, sceneggiatori, operatori di ripresa, ai quali viene chiesto di rendere fruibile il prodotto attraverso strumenti diversi da quelli originariamente immaginati. Questo tipo di professionalità non si improvvisa, né si può facilmente sostituire.

La Rai inoltre, essendo la più importante industria culturale del paese, oltre che dover essere garante del pluralismo, ha una grande responsabilità nel trasmettere contenuti dall’alta valenza etica e morale.

Su questo aspetto voglio soffermarmi un attimo per sottolineare che molte scelte operate nell’ultimo periodo sembrano essere orientate ad una maggiore consapevolezza del ruolo che la televisione, e dunque il servizio pubblico in primo luogo esercita nell’educare le masse.
Penso ad esempio alla scelta di valorizzare alcuni aspetti femminili proponendo immagini di donne normali, sempre meno oggetto e più soggetto, con la consapevolezza di quanto il diffondersi di una cultura maschilista e sessista sia di contro pericolosa, e possa degenerare fino al femminicidio.

Questo penso sia un fatto importante, da rimarcare. Ma la Rai è anche azienda, e non sempre, purtroppo, registriamo la stessa coerenza nel trattamento riservato alle lavoratrici ed ai lavoratori, i quali pagano ancora, un prezzo altissimo per la sopravvivenza di vecchie logiche caratterizzate da autonomie gestionali, evidentemente scollegate dal quel progetto di rinnovamento che a livello generale sembra essere in atto.

Ecco, io credo che nella nuova carta d’identità della Rai per queste incoerenze non ci sia più posto, e che l’attenzione per i valori che si vogliono e si devono trasmettere al paese debba essere in egual misura prestata al suo interno, nei confronti dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

Il futuro della RAI dipende da quanto essa riuscirà in tempi brevi a riformarsi e ad innovarsi, sapendo che a lei spetta il compito di garantire, con l’eccellenza che le viene richiesta, il futuro della diffusione dei prodotti culturali e dell’informazione nel nostro paese e fuori da esso.

Per questo motivo abbiamo ritenuto fosse urgente, alla vigilia del 2016, avviare questo ragionamento con il coinvolgimento della società civile.

L’obiettivo è tanto ambizioso quanto ineludibile se vogliamo scrivere una nuova carta d'identità per la Rai, che delinei, in termini chiari e distinti, la sua rinnovata missione di servizio pubblico e i valori ai quali ispirare la sua programmazione e la sua attività.
Il percorso fin qui fatto si arricchisce oggi di partecipazioni importanti, che ci consentono di confrontare il nostro servizio pubblico con quello degli altri paesi europei, e per questo ringraziamo fin da adesso per i contributi che arriveranno nel corso della discussione.
Discussione particolarmente significativa, perché avviene dentro un quadro europeo, il che ci consente di osservare con nitidezza quante e quali differenze contraddistinguano il nostro concetto di servizio pubblico da quello degli altri paesi.
Il documento distribuito oggi, che verrà illustrato successivamente, mette a confronto le diverse cornici costitutive del servizio pubblico in Europa, dimostrandoci quanto provinciale rischi di essere la nostra discussione se fatta con lo sguardo interamente rivolto entri i confini nazionali.
E allora proprio per fare un salto di qualità nei nostri ragionamenti, ampliando i nostri confini, geografici e culturali, il documento prova ad evidenziare le differenze presenti nelle scelte operate nel nostro paese e negli altri in materia di finanziamento, di sviluppo delle piattaforme utilizzate, delle reti, di programmazione, dandoci l’opportunità di ragionare su modelli diversi.
Ma la giornata di oggi servirà anche per lanciare un concorso rivolto agli studenti delle scuole superiori e delle università, per chiedere loro di dare la migliore definizione della carta dei valori della Rai per i prossimi dieci anni.
Gli studenti rappresentano la prima generazione cross mediale, sono loro i principali e i futuri fruitori di strumenti e tecnologie nuove che già da anni danno vita ad una "rete che avvolge tutto il mondo", delineando confini sempre più labili nella fruizione e nella diffusione di contenuti ed informazioni.
Chiedere loro di definire cosa dovrà essere il servizio pubblico ha a nostro avviso un grande valore, perché significa dargli la possibilità di contribuire alla definizione di un bene comune, con il loro punto di vista, che sicuramente è diverso da chi, come me, è nato in un’epoca in cui la tv era in bianco e nero.

 

 

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