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La Commissione europea ha proposto un aggiornamento della normativa che disciplina il settore audiovisivo al fine di stabilire norme più eque per tutti gli operatori, promuovere i film europei, tutelare i minori e contrastare l’incitamento all'odio, in particolare contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza.

La proposta, presentata il 25 maggio u.s., delinea anche un nuovo approccio normativo nei confronti delle piattaforme online, nell'intento di rispondere alle sfide poste da operatori come Netflix e MUBI o piattaforme per la condivisione di video come YouTube e Dailymotion.

Per tali ragioni la Commissione si è posta l’obiettivo di riequilibrare le regole attualmente applicate alle emittenti tradizionali, con quella prevista per i fornitori di video a richiesta e con quella delle piattaforme per la condivisione di video, soprattutto per quanto riguarda la protezione dei minori. Inoltre, la revisione della direttiva (tv senza frontiere) dovrebbe rafforzare la promozione della diversità culturale europea, assicurare l’indipendenza delle autorità di regolamentazione del settore audiovisivo e offrire maggiore flessibilità alle emittenti in merito alla pubblicità.

Le Organizzazioni Sindacali che aderiscono ad UNI MEI si sono riunite a Londra, nelle giornate del 23 e 24 maggio per discutere la proposta, con tutto ciò che questa comporta per i maggiori Network multinazionali europei, per la ripartizione dei diritti e per l’organizzazione dei CAE.

Uno dei primi punti preso in esame è stato quello relativo alle nuove modalità con le quali, la Commissione, intende tradurre praticamente i principi ispiratori della direttiva nel mondo delle piattaforme online. La scelta sarebbe infatti quella di differenziare le norme rispetto alle Emittenti televisive strutturate e in base alla varietà delle piattaforme stesse,  ciò al fine di consentire ai consumatori di trarre tutti i possibili vantaggi da queste nuove opportunità.

Una condizione decisamente osteggiata dai Network televisivi, come ha sottolineato nel suo interveto  Gina Nieri, componente del board di Mediaset, che ha evidenziando come non possa  esserci libera concorrenza tra le piattaforme, se non si stabiliscono regole comuni che vincolino sia i broadcaster che gli Over the Top.

I broadcaster i contenuti li producono, facendosi carico dei costi di produzione, dei diritti, delle tasse, mentre gli operatori OTT utilizzano i contenuti prodotti da altri e raccolgono pubblicità senza sostenere costi. La mission di Google p.es è soltanto quella di organizzare l’offerta dei contenuti.

Negli ultimi cinque anni Mediaset ha investito 1 miliardo di euro in produzione europea, generando occupazione e valore, ma dal 2008 ad oggi, secondo Gina Nieri,  ha perso 2 miliardi di euro a favore degli OTT, i quali, fanno profitti in Europa senza lasciare risorse in questi Paesi. Altro esempio citato è stato quello di Google, che guadagna 1,5 miliardi, praticamente esentasse ed è presente in Italia con soli 150 addetti, mentre gli operatori televisivi sono circa 22 mila.

Per tali ragioni il giudizio sulla direttiva europea è stato decisamente negativo, anche perché non regolamenta l’E-Commerce e perché non definisce con chiarezza la responsabilità editoriale del fornitore di contenuti e quella dell’host passivo.

Nel corso dell’intervento è stata stigmatizzata anche la presa di posizione contenuta nel disegno della Commissione Europea di liberare la banda di trasmissione “700 Mhz” a favore dei gruppi TLC che con il pretesto di ottenere un’ampiezza di banda utile per far decollare il 5G, puntano anch'essi a diffondere contenuti.

 Un contesto  preoccupante anche per il cambio di linea del commissario europeo Gunther Oettinger che suggerisce ai produttori indipendenti di cambiare il loro modello di business, mentre fino a qualche giorno prima si dichiarava sensibile alle problematiche delle emittenti.

Sollecitata anche dalle OO.SS. Italiane, la Nieri  ha ribadito che il progetto di polo europeo dei contenuti audiovisivi che Mediaset vuol realizzare con Vivendi consente di contrastare Netflix sul piano della concorrenza leale. Per poi aggiungere che ciò è possibile perché Netflix produce contenuti e non raccoglie pubblicità illegalmente. Mentre con Google, Amazon, Facebook, Apple, la competizione è assolutamente insostenibile con le regole attuali.

Le OO.SS. hanno espresso preoccupazione per le conseguenze che da tale scenario potrebbero scaturire, in particolare, per i livelli occupazionali e per la qualità stessa dell’occupazione. Un terreno, dunque, sul quale si posssono trovare punti di convergenza tra le Parti Sociali per promuovere una sana azione di lobby nei confronti della Commissione Europea.

La delegazione SLC  ha posto anche particolare attenzione sul tema del diritti d’autore, argomento sul quale è in corso da anni un’accesa discussione in ambito comunitario. La proposta sarebbe quella di creare una “licenza paneuropea” che consenta ai media e più in generale ai fornitori dei servizi on-line, di gestire i contenuti con una liberatoria rilasciata da un’entità sovranazionale. Un dossier che è stato però rinviato tre volte dall'approvazione e viene osteggiato dal Sindacato che ne chiede profonde modifiche.

La sua approvazione, di fatto, taglierebbe fuori da ogni percorso decisionale sulla materia, proprio le figure  autorali che nei singoli paesi hanno invece ruoli e funzioni nella guida delle collecting society. Un orientamento, per altro, in controtendenza rispetto a quella liberalizzazione del mercato che anche in Italia, proprio in questi giorni, è stata richiamata dall’Autority che vigila sulla libera concorrenza.

L’Italia, insieme alla Spagna e la Francia, ha preso posizione per il mantenimento della territorialità dei diritti d’autore, così come si oppone ad una liberalizzazione a livello nazionale delle collecting society. Provvedimento che renderebbe caotica e incerta la riscossione e la ripartizione dei diritti, analogamente a quanto già sta avvenendo per il diritto connesso.

UNI MEI sta invece lavorando per l’approvazione di un sistema di arbitrato per risolvere i contenziosi internazionali e per una proporzionalità dell’equo compenso correlata ai ricavi.

Le OO.SS. hanno infine fatto il punto  sul lavoro svolto dai CAE e sulle criticità riscontrate negli ultimi anni di attività di questi organismi.

Nel merito SLC ha sottolineato come lo strumento sia indispensabile ed insostituibile per ottenere un sufficiente livello relazionale nelle imprese multinazionali ma come ancora si sia lontani dal disporre di un organismo efficace ed efficiente per il Sindacato.

Se è vero che le procedure di informazione e consultazione svolte dai CAE hanno agevolato una gestione solidale e contrattuale, soprattutto nei continui processi di ristrutturazione delle imprese, è altrettanto vero che la componente sindacale dell’organismo opera in una reale condizione di subalternità rispetto a quella aziendale.

I lavoratori subiscono il peso delle barriere culturali che li dividono, a cominciare da quelle linguistiche che né le aziende, né le OO.SS. tendono a colmare attraverso una apposita formazione.

Un problema grave, parzialmente superato con gli interpreti solo durante le rare riunioni del CAE ma che dal giorno dopo divide nuovamente il gruppo nel corso dei lunghi mesi che intercorrono tra un appuntamento e l’altro.

Ciascun lavoratore è poi portatore di una visione parziale dell’Azienda, quella relativa al paese di provenienza e fatica ad inserirsi in una discussione che invece, per sua natura, sconfina in ambiti e contesti poco conosciuti.

Dall'altra parte del tavolo, in rappresentanza dell’azienda, c’è invece un gruppo coeso e perfettamente informato che lavora in team tutto l’anno e si rivolge al CAE, nella maggioranza dei casi, con lo spirito di chi è costretto ad espletare una formalità nel più breve tempo possibile e con il minimo dispendio di risorse.

Su tale materia l’incontro è stato comunque utile, per le OO.SS. italiane e quelle Spagnole, per prendere accordi operativi finalizzati al rilancio del CAE Mediaset, fermo da anni.  In questi giorni è stata, infatti, inviata all'azienda la lettera con i nomi dei lavoratori che costituiranno il gruppo speciale di negoziazione, propedeutico alla costituzione del nuovo organismo.

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