Mentre il settore è attraversato da migliaia di licenziamenti, da vertenze che incidono pesantemente sulle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori e da una crisi le cui origini sono da ricercarsi nel caos normativo introdotto dal Governo, sconcerta leggere le dichiarazioni rilasciate dal ministro Guidi in risposta a un’interrogazione in merito all’operato del Governo.

Da un lato il ministro continua a ripetere che si è intervenuti per far rispettare una legge del 2012 che garantisce la sicurezza dei dati dei cittadini e rende più complicate le delocalizzazioni all’estero, omettendo che ad oggi nessun intervento sui committenti è stato realizzato e che la legge risulta ancora totalmente disattesa.

Il Ministro dichiara, inoltre, che è attivo un Gruppo Tecnico di Lavoro per ricercare soluzioni ai problemi del settore, che ricordiamo dipendere dal caos normativo e dagli interventi sbagliati sino ad ora adottati, omettendo di dire che quel Gruppo Tecnico di Lavoro non si è mai riunito. Cita inoltre alcune soluzioni su gare pubbliche e incentivi, che rischierebbero di aggravare ulteriormente la situazione in quanto del tutto inadeguate e inefficaci a risolvere le crisi in atto.

Infine, chiosa sulle crisi in corso ostentando una tranquillità incomprensibile mentre nella realtà ai 1500 lavoratori calabresi di Infocontact si chiede di dimezzarsi le retribuzioni passando da 1000 a 500 euro al mese, non perché non ci siano i volumi ma perché gli incentivi introdotti dal Governo rendono più conveniente spostare quel lavoro su altri siti. Su Almaviva dichiara considerazioni banali omettendo di dire che l’azienda è fuori mercato perché gli incentivi e le regole introdotte dal Governo consentono ad un nuovo operatore di offrire importi ai committenti inferiori sino al 40% rispetto al costo sostenuto da Almaviva. Tutto questo mentre sono aperte crisi occupazionali che riguardano oltre 5000 persone che stanno perdendo il posto di lavoro a causa dei meccanismi di sostituzione dell’occupazione causati dalle norme di Legge.

In questo modo, le assunzioni che saranno conteggiate per sostenere le ragioni di chi ha voluto il Job Act,  in realtà non saranno nuova occupazione ma sostituzione di lavoratori messi fuori mercato dal Governo e per i quali la collettività pagherà due volte: una prima per gli incentivi introdotti e una seconda per gli ammortizzatori sociali di chi perderà il lavoro.

Ci chiediamo che cosa abbiano fatto di male questi lavoratori. Giovani di questo Paese che dopo aver finito gli studi (nei call center c’è una altissima presenza di personale laureato e diplomato) non si sono arresi di fronte al fatto che l’Italia non era in grado di offrire loro un’occupazione in linea con attese e preparazione, non sono fuggiti all’estero, non hanno cercato scorciatoie ma si sono rimboccati le maniche ed hanno accettato di lavorare in un call center con dignità e professionalità.

Perché così poca considerazione per una generazione, oggi l’età media si attesta sui 37 anni, che ha già pagato un prezzo durissimo alla crisi del Paese? Perché così poca attenzione per i cittadini, che a causa delle scelte del Governo ricevono servizi qualitativi bassissimi da parte dei servizi di customer care? Come mai tanta indifferenza rispetto al fatto che la crisi dei call center è una peculiarità italiana che non ha nessun riscontro negli altri Paesi europei, Spagna e Grecia inclusi?

Forse sarebbe ora che il Ministro Guidi e tutto il Governo smettessero di giocare la parte di chi vuol cambiare in meglio l’Italia contro le resistenze di gufi e conservatori e provassero con umiltà ad ascoltare le ragioni di chi paga prezzi altissimi in termini sociali e  economici.

Un’umiltà dovuta nei confronti di chi si alza tutte le mattine, entra in un call center e con una cuffia in testa prova ad aiutare i cittadini italiani; accettando un lavoro e una retribuzione lontanissime dalle aspettative maturate mentre studiava per laurearsi  e che oggi rischia di perdere tutto per inconsapevolezza di chi dovrebbe tutelarli.

Infine, il Parlamento non dovrebbe accettare di essere un luogo in cui si possa raccontare  “verità” distorte solo per recitare un ruolo senza mai provare a interrogarsi sui danni che tale operato produce.

 

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