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La “soluzione” trovata al ministero del Lavoro per la procedura di licenziamento aperta da Ecare è ingiusta e non fa l’interesse dei lavoratori.
E’ sbagliata perché parte da un presupposto del tutto infondato: Ecare non ha problemi di esuberi legati ai volumi.
Ecare ha problemi di conti economici legati a vicende aziendali note da tempo (oggetto di ripetuti interventi negli anni condivisi unitariamente dal sindacato) e problemi legati alle dinamiche del mercato, alle politiche di forte contrazione dei costi delle commesse (politica alla quale Ecare ha partecipato per la sua quota parte, basta vedere l’offerta fatta dall’azienda per aggiudicarsi la gara Poste ad un prezzo che molto difficilmente copre il costo del lavoro).
Ecare, fortunatamente, ad oggi non ha problemi di volumi. E questo è un fatto palese a tutti i lavoratori dell’azienda.
Perché stiamo parlando di una realtà che ha più di 300 persone in staff leasing, impegnati sulle commesse in cosiddetto esubero, assunti dalle agenzie di somministrazione con gli sgravi massimi previsti dalla legge di stabilità del 2015, sgravi grazie ai quali Ecare ha preso la commessa poste ad un prezzo decisamente al di sotto del costo del lavoro!
Perché è un’azienda che, nelle varie sedi, conta ancora un forte ricorso al lavoro supplementare, anche su commesse impattate dalla procedura di licenziamento e, a quanto ci è dato sapere, sta procedendo in questi giorni al consolidamento orario di alcuni contratti part time.
Perche è un’azienda che, in piena procedura di licenziamento collettivo, davanti al ritiro di 147 lavoratori in staff leasing da parte di una delle agenzie fornitrici (per vicende sulle quali non vogliamo entrare), ha proceduto ad effettuare contratti mensili a tempo determinato a parte di queste persone e sta procedendo a favorire la cessione individuale di questi contratti verso un’altra agenzia, con buona pace dell’art. 32 del decreto 81, che vieta espressamente di inserire lavoratori in regime di somministrazione in realtà dove vigono accordi di riduzione oraria per ammortizzatore sociale, e degli esuberi certificati.
E’ incomprensibile quindi che si sia arrivati a penalizzare delle sedi piuttosto di altre dove, non occorre essere dei maghi, nelle prossime settimane continueranno le assunzioni con le tipologie contrattuali più varie a partire dal reinserimento prossimo dei lavoratori in staff leasing ritirati dal fornitore ad agosto.
Purtroppo a noi rimane molto forte l’impressione che questa vicenda sia un pasticcio fortemente legato all’altro pasticcio della commessa Poste oggetto della vertenza Gepin Contact. Una commessa vinta da Ecare fortemente sotto costo, difficilmente sostenibile e, allo stato attuale, in piena confusione di assegnazione visti gli esiti incerti delle varie impugnative. Non vorremmo che qualcuno in Ecare debba farsi carico di scelte aziendali sbagliate e di storture del mercato, di cui i lavoratori sono solo le vittime.
Storture che ormai non ha più molto senso continuare a favorire, anche involontariamente, con accordi che finiscono per alimentare la rincorsa a ribasso del settore senza creare occupazione stabile.
Come SLC-CGIL abbiamo sostenuto fin dall’inizio di questa vicenda triste che, dovendo rispondere ad un problema di conto economico e di costi (alcuni dei quali aggravati dalle scelte aziendali di partecipare a gare al massimo ribasso!) l’unica strada sostenibile poteva passare per un coinvolgimento di tutto il perimetro dell’azienda che non identificasse nessuna sede come “problematica” e incidesse il meno possibile sui lavoratori senza legittimare esuberi che i fatti dimostrano non essere il problema di Ecare.
Purtroppo si continua nella strada sbagliata di far pagare tutti i conti di un mercato folle ai soli lavoratori (in questo caso ad alcuni in particolare).
Tutto questo mentre il settore dei call center sta nuovamente entrando in una fase di crisi acuta (Almaviva, QE’ a Catania…di nuovo migliaia di lavoratori nuovamente in bilico se non nel baratro) e qualcuno sta provando ad ammazzare le clausole sociali, l’unica vera speranza per il settore.
Prendiamo atto con rammarico che il tavolo ha deciso di intraprendere altre strade che non ci vedono favorevoli e delle quali valuteremo con rigore la tenuta giuridica.
Per entrare nel merito: siamo di fronte ad un accordo che non prevede uno straccio di impegno sul futuro dell’azienda, con un passaggio surreale sull’impegno dell’azienda a presentare un piano industriale… quando ci sarà (del resto anche il maresciallo De La Palice prima di morire era vivo!). Per non parlare della sbandierata fusione con la controllante Olisistem, presentata dai responsabili aziendali ai primi di luglio come operazione prossima in caso di accordo sulla Cassa Integrazione (dovrebbe essere la carta che rassicura i lavoratori di Ecare sulle buone intenzioni dei nuovi soci di maggioranza) e venerdì derubricata nel silenzio generale, sempre dai responsabili aziendali, come cosa che si farà…al raggiungimento del pareggio di bilancio di Ecare!! Così come l’impegno sui volumi è almeno aleatorio. Per come è scritto l’accordo a latere, di fatto, si cristallizza la situazione delle commesse con un impegno a non spostarne i volumi oggi presenti dalle sedi impattate dalla cassa ( e vorremmo anche vedere il contrario… che si spostassero volumi dalle sede in cassa verso le altre) con un generico auspicio di portare eventuali attività nuove ( quindi, di fatto, se commesse oggi presenti su siti non impattati dovessero continuare a crescere non sta scritto da nessuna parte che sarebbero prese in considerazione per saturare i siti in Cassa a discapito del quasi certo ulteriore ricorso a lavoro flessibile e precario che già si annuncia in alcune sedi aziendali) . Come dire: oggi certifico una precisa quantità di esuberi che si è deciso arbitrariamente dove dovessero insistere, come ne esco si vedrà. Per non parlare delle percentuali di cassa e delle modalità di applicazione. Così come è scritto l’accordo la percentuale massima sembra riferita al bacino di riferimento e non al singolo lavoratore e non si fa accenno alcuno alle modalità di programmazione
dell’ammortizzatore.
La verifica di tutto questo sarà demandata ad un gruppo di lavoro nominato…dall’azienda! I firmatari, ai “vari livelli” (!) potranno richiedere degli incontri di approfondimento (la scoperta dell’acqua calda verrebbe da dire…che il sindacato, a prescindere dai livelli, possa chiedere degli incontri non lo deve concedere la dirigenza di Ecare. Abitualmente si prova invece a costruire commissioni di controllo e verifica congiunta in ogni sede che mese per mese provi a correggere eventuali storture. Evidentemente non è stata ritenuta una cosa utile in questo caso)
Probabilmente i lavoratori di Ecare avevano immaginato prospettive ben diverse con l’arrivo dei nuovi azionisti.
Noi pensiamo che non si possa continuare a lasciare che la minaccia dei licenziamenti possa continuare ad essere brandita come una clava nei confronti dei lavoratori senza costruire alternative che andrebbero poi anche difese con convinzione.
L’accordo firmato venerdì è esattamente quello presentato dall’azienda alle RSU aziendali prima di iniziare il confronto al Ministero del Lavoro, verrebbe quasi da chiedersi se abbia senso fare incontri dall’esito abbastanza scontato.
Dopo anni di sacrifici fortissimi, nei quali le lavoratrici ed i lavoratori dei call center hanno pagato prezzi altissimi, occorre piuttosto ricostruire una mobilitazione credibile e respingere i ricatti occupazionali più volgari che hanno come unico effetto quello di conservare una situazione insostenibile che ogni giorno che passa spinge sempre di più migliaia dei lavoratori dei call center in un angolo cieco in nome della conservazione di un posto di lavoro che diventa ogni mese più povero e meno sicuro.

La Segreteria Nazionale di SLC-CGIL

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