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Roma, 26 agosto 2020

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Prof. Giuseppe Conte

Illustre Presidente,

in questi giorni si sta molto discutendo sul futuro della Rete di Telecomunicazioni di nuova generazione e sul ruolo che lo Stato debba avere nel favorirne la costruzione e contribuire a deciderne gli sviluppi.

Ciò che è avvenuto in questi ultimi mesi ha dimostrato, se ancora ve ne fosse bisogno, come il Paese in questi anni abbia accumulato ritardi strutturali nelle infrastrutture indispensabili ai processi di digitalizzazione che, di fatto, rischiano di diventare difficilmente colmabili rispetto al resto d’Europa candidando intere zone del Paese, spesso quelle con maggiori difficoltà occupazionali e di coesione sociale, ad una ulteriore marginalizzazione.

Del resto è sufficiente leggere l’ultimo Digital Economy and Society Index della Comunità Europea che colloca complessivamente l’Italia al terzultimo fra i 28 stati membri, con alcuni capitoli dove il ritardo diventa ancora più evidente e preoccupante come, fra tutti, quello relativo al “Capitale umano” che ci restituisce livelli di competenze digitali di base ed avanzate particolarmente arretrati.

Registriamo con favore come ormai tutti gli stakeholder di questo processo abbiano ormai maturato la convinzione di come la duplicazione della rete di nuova generazione sia una follia che occorre superare quanto prima. Ma l’acquisizione di questa convinzione non è di per sé stessa la soluzione al problema.

In questo ragionamento finisce fatalmente per inserirsi il tema, altrettanto urgente a nostro parere, di quale futuro e quale ruolo si voglia attribuire all’ex monopolista TIM.

Parliamo di un Gruppo che, in seguito alla privatizzazione avvenuta nel lontano 1997 impostata su logiche finanziarie e senza una prospettiva industriale di lungo termine, ha determinato il declino di un patrimonio di questo Paese che si è inevitabilmente riflesso nei ritardi che, negli stessi anni, l’Italia accumulava rispetto ai maggiori paesi della UE nel processo di modernizzazione e digitalizzazione della Rete.

Cosa si può fare oggi per recuperare un ruolo centrale di quella che era considerata un’azienda tecnologica di riferimento nel panorama europeo e mondiale? Noi siamo fermamente convinti che ancora non sia tutto perso a patto che si esca da ideologismi forse belli a leggersi ma di dubbia utilità
per i bisogni reali del Paese. Una società della Rete “pubblica” specializzata nel solo whoolesale (vendita a terzi della connettività) finirebbe per trasformarsi in una grande società di manutenzione che difficilmente potrebbe svolgere quel ruolo di continua innovazione di un settore dove non è
sufficiente “stendere un cavo”. Occorre un soggetto forte, capace di sostenere ingenti e costanti investimenti nello sviluppo della rete non solo come cavo di connessione ma come sistema intelligente ed evoluto. Questo compito lo può assolvere TIM, certamente una TIM con un diverso assetto societario rispetto ad oggi, che dia vita a una nuova impresa che inglobi le reti esistenti a partire dalla convergenza di quella di TIM e Open Fiber che pure ha avuto in questi anni un ruolo importante ma che difficilmente può candidarsi a fare da incubatore ad un soggetto industriale importante che vada oltre la sola vendita di connettività ad altri soggetti. La nuova impresa della rete dovrà assieme permettere l'integrità del perimetro di TIM attraverso il possesso della maggioranza delle azioni, ma anche esser aperta da subito a tutti gli investitori interessati ai quali vanno garantiti poteri speciali tali da impedire un predominio di TIM. Alle Authority di controllo, AGCOM ed AGCM, il compito di garantire piena parità di accesso alla rete ed un regime di vera concorrenza. Questa soluzione non riporterebbe indietro le lancette della storia ma permetterebbe di non gettare alle ortiche un patrimonio che, occorre sempre ricordarlo, è pur sempre stato costruito negli con soldi ed intelligenze pubbliche.

Cdp, oggi azionista sia di Open Fiber che di TIM, dovrà utilizzare questa fase per accrescere la sua presenza in TIM traguardando nel tempo la creazione di una società pubblica, stabilizzata dalla stessa Cdp, che manterrebbe al nostro Paese una presenza industriale nelle TLC cosi come è già avvenuto in Francia e Germania.

Altre soluzioni non garantirebbero la costituzione di un soggetto capace di guidare i processi di digitalizzazione e di competere magari anche oltre i confini nazionali ma, soprattutto, impensieriscono molto sul piano della tenuta occupazionale. Le scissioni di cui si sente parlare in questi giorni, con la rete TIM che confluirebbe nella nuova società pubblica, ed il resto dell’azienda che diventerebbe così una società di servizi, aprirebbe la strada allo “spezzatino” di TIM ed al rischio consistente di migliaia di esuberi, il tutto senza creare davvero una nuova realtà che vada oltre la sola rivendita all’ingrosso di connettività. Altro che resistere ai colossi cinesi ed americani! Ci preme evidenziare che a causa della privatizzazione fatta nei confronti dell’ex monopolista, per decenni l’azienda ha dovuto gestire perenni piani industriali che ripiegavano in tagli al costo del lavoro - i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali hanno dovuto gestire continue ristrutturazioni con continui tagli dell’organico!

Ci preme inoltre farle presente che ad oggi, tra lavoratori diretti ed indiretti ruota attorno al mondo TIM un numero di circa 100 mila risorse. Capirà la nostra preoccupazione rispetto a scelte che potrebbero risultare pericolose per la tenuta del perimetro aziendale e per il suo indotto.

Questo scenario sarebbe una iattura per tutto il comparto, ad iniziare dal complesso quanto delicato mondo degli appalti telefonici, che occupa svariate migliaia di lavoratori e vive di complessi equilibri.

Per tutti questi motivi noi reputiamo indispensabile che i ragionamenti che si stanno svolgendo in queste ore vedano un confronto anche con i rappresentanti delle lavoratrici ed i lavoratori non solo di TIM ma dell’intero settore. Le scelte che state compiendo in queste ore avranno dei risvolti sul progresso del Paese ma anche sulla tenuta occupazionale di un comparto strategico che, soprattutto in una fase economica quale quella che stiamo attraversando, potrebbe invece candidarsi ad essere volano di sviluppo ed occupazione.

Siamo quindi certi che Ella vorrà favorire in tempi rapidissimi un tavolo di confronto con le scriventi organizzazioni sindacali.

Distinti saluti.

I Segretari Generali
SLC – CGIL FISTEL – CISL UILCOM UIL
Fabrizio Solari Vito Vitale Salvatore Ugliarolo

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