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Abbiamo scelto di utilizzare come titolo una citazione di Totò perché da sola rappresenta compiutamente il comportamento tenuto da Almaviva nella gestione dei Lavoratori a Progetto in applicazione dell’accordo del 1 agosto scorso.
Infatti, se non ci fossero conseguenze drammatiche per alcuni lavoratori che hanno perso il rinnovo del contratto, l’intera vicenda potrebbe tranquillamente essere rappresentata dal grande attore napoletano o in una commedia di Pirandello.
La comunicazione rilasciata dalla Società al personale in data 4 novembre u.s., persevera su quella strada, compiendo una ricostruzione parziale e di parte non ritenendo utile fare emergere la verità, (una bugia non può durare per sempre) ma per costruire un minimo di difesa legale rispetto al contenzioso giudiziario che, inesorabilmente, scaturirà dagli errori commessi dall’azienda nella gestione della vertenza.
Proviamo a ricostruire i fatti.
A seguito della firma dell’accordo del 1 agosto 2013 sui lavoratori a progetto, in alcuni siti di Almaviva si sono registrate accese proteste da parte dei lavoratori interessati.
Slc Cgil, a livello locale e nazionale, ha deciso di interloquire con i lavoratori per comprendere le ragioni del dissenso rispetto a un accordo che tenta di introdurre regole in un mondo in cui la discrezionalità aziendale ha sempre consentito comportamenti anacronistici in cui i lavoratori non avevano nessun diritto.
Nell’ambito di questi confronti è emerso che le proteste non erano riferite al merito dell’accordo, i cui contenuti sono stati discussi, criticati e approfonditi anche per le opportunità future che si apriranno, ma nei confronti del testo di conciliazione presentato dall’Azienda.
Tale verbale, che non si è limitato a riprodurre il modello generale adottato da Assocontact, associazione firmataria dell’accordo, è stato giudicato, giustamente, eccessivamente vessatorio in quanto al lavoratore non viene chiesto solamente di rinunciare ad attivare contenzioso, ma gli si chiede di mentire attraverso una descrizione dell’attività completamente diversa dalla realtà.
Per questo alcuni lavoratori ne hanno fatto una questione di principio. Come si sa, la dignità non ha prezzo e anche a costo di pagarne le conseguenze sulla propria pelle, hanno chiesto a Slc di promuovere una modifica del testo conciliativo.
Nel corso dell’assemblea tenutasi in data 24 ottobre, con varie telefonate indirizzate ai vertici aziendali di Almaviva si è proposto una modifica del testo, non per alterarne i contenuti di fatto ma per renderne il contenuto meno vessatorio nei confronti dei lavoratori.

Da qui è iniziata una vicenda paradossale. Infatti, l’azienda ha da subito dichiarato la propria disponibilità a modificarne i contenuti condizionando il proprio assenso al consenso delle altre Organizzazioni Sindacali firmatarie dell’intesa del 1 agosto.
Tale richiesta è caduta nel vuoto per l’indisponibilità assoluta delle altre organizzazioni.
Slc ha così ritenuto di dover presentare un proprio modello di conciliazione, che nei fatti garantiva gli stessi risultati, facendo sottoscrivere ai lavoratori una richiesta di essere inseriti in graduatoria ai sensi dell’accordo in parola.
Nel sito di Palermo tale comunicazione è stata sottoscritta da 240 lavoratori nonostante le pressioni e le minacce esercitate dai responsabili aziendali e da “auto dichiaratisi” rappresentanti dei lavoratori.
Nei giorni successivi, gli stessi soggetti, hanno avviato una campagna aggressiva nei confronti di quanti non si piegassero a sottoscrivere il verbale aziendale minacciando di “lasciare a casa” tutti quei lavoratori che non avessero accettato di firmare il verbale proposto dall’azienda.
Lavoratori minacciati e maltrattati in nome di un’autentica aggressione alla Slc Cgil senza mai analizzare i contenuti di merito.
La cosa più paradossale è che il modello proposto dall’azienda conteneva anche un errore formale. Infatti, nelle premesse era scritto che il lavoratore aveva già aperto del contenzioso con l’azienda, facendo quindi dichiarare il falso alla stragrande maggioranza di lavoratori che invece non avevano contenzioso in corso. In questo caso l’azienda ha ritenuto di dover accettare le modifiche suggerite da SLC CGIL cambiando il verbale tanto caro alle altre organizzazioni, che , probabilmente, non si saranno nemmeno rese conto di tali correzioni.
Probabilmente di tale correzione le altre organizzazioni sindacali non se ne saranno nemmeno rese conto.
Tutto questo ha portato alla convocazione di un incontro tra la proprietà di Almaviva, presente l’A.D. di Almaviva Contact, e i vertici delle OO.SS. Nazionali, incontro che si è tenuto il giorno 30 ottobre.
In quell’occasione sembrava essere stata trovata una soluzione di buon senso. Se i verbali di conciliazione presentati fossero stati efficaci, l’azienda avrebbe firmato le conciliazioni con tutti i lavoratori.
Il giorno successivo si è condiviso con Almaviva un testo di conciliazione identico a quello proposto da SLC CGIL in data 24 ottobre. L’azienda ha formalizzato il tutto con una comunicazione aziendale in cui si affermava che il verbale era conforme e che sarebbero state avviate le conciliazioni con i lavoratori rappresentati dalla SLC CGIL a partire dal giorno 31 ottobre evitando in questo modo forme di discriminazione incomprensibili.
L’uscita di questa comunicazione aziendale ha fatto scoppiare la rivolta di tutti i soggetti, aziendali e sindacali, che nei giorni precedenti avevano affermato, minacciando i lavoratori, che mai e poi mai sarebbe stato possibile firmare una conciliazione su un testo proposto da Slc e che chi si ostinava a perseguire tale obiettivo avrebbe perso il lavoro.
La rivolta ha portato i vertici aziendali a bloccare le conciliazioni impedendo ai lavoratori, che avevano chiesto formalmente di essere inseriti in graduatoria, di esercitare un loro diritto.

Questi assurdi comportamenti e cambi di fronte, che fanno pagare conseguenze durissime a quei lavoratori che hanno avuto l’ardire di parlare di dignità e che oggi dovranno far valere i loro diritti davanti alla magistratura, obbliga a due severe riflessioni.
La prima: Come mai alcune organizzazioni sindacali si oppongono a modificare un testo di conciliazione che, fermo restando il rispetto degli impegni assunti con l’accordo del 1 agosto u.s., garantisce una maggior dignità ai lavoratori? E’ davvero incomprensibile l’atteggiamento di chi dovrebbe tutelare gli interessi dei lavoratori e invece sposa passivamente ogni proposta aziendale. In aggiunta a ciò, un’organizzazione di quelle che hanno fatto pressione sui lavoratori per firmare le conciliazioni non è firmataria dell’accordo del 1 agosto visto che la stessa ha sottoscritto un accordo molto peggiorativo con altre associazioni datoriali.
Noi, per parte nostra, non consideriamo le altre organizzazioni sindacali come degli avversari e pertanto le nostre energie non le consumiamo nella lotta “dei polli di Renzo”, convinti che il problema principale sia migliorare le condizioni di vita di migliaia di ragazzi che sino a oggi non avevano nessun diritto.
La nostra posizione, peraltro, trova piena conferma da parte di lavoratori che hanno dovuto accettare il ricatto, ma poi hanno scelto di iscriversi alla CGIL.
La seconda, molto più grave, è: come mai un’azienda di oltre 10.000 dipendenti sia ricattabile da soggetti che rappresentano il sindacato e perché decida di accettare i condizionamenti di chi si rifiuta una discussione di merito ma si limita a minacciare. E’ evidente che devono esistere rapporti e interessi che si incrociano tra settori aziendali e pezzi del mondo sindacale che nascondono situazioni inconfessabili e assolutamente non trasparenti.
A ognuno il compito di provare a dare una risposta ai quesiti sollevati, per parte nostra un’idea degli interessi che sono in campo ce la siamo fatta.

SEGRETERIA NAZIONALE SLC-CGIL

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