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In questi giorni i responsabili aziendali stanno presentando in incontri territoriali le manovre in ambito caring services con le quali viene effettuato un riequilibrio degli addetti dal 187 al 119.

Pur riconoscendo che il 119 ha, non da oggi, un problema serio di sotto dimensionamento dell’organico (problema che si ripercuote naturalmente sull’organizzazione del lavoro che assume, di giorno in giorno, ritmi sempre più pressanti, spesso al limite della sostenibilità) continuiamo a sottolineare all’azienda come non abbiamo al momento una reale visibilità di quanto effettivamente si stia internalizzando e, soprattutto, del valore, in termini di ricavi, del lavoro che si vuole reinternalizzare.

Appare sopratutto poco chiara la situazione sul 187. A dispetto di quanto affermato dall’azienda, non ci risultano forti spostamenti di volumi verso il perimetro Telecom Italia; nella stessa Telecontact, azienda del gruppo, diversi orari di servizio sono particolarmente scarichi (cosa che non si può dire per i volumi che in queste settimane sono stati affidati a call center esterni!). Considerando che una delle offerte commerciali Telecom ad oggi più concorrenziale si rivolge proprio al fisso, considerando ancora come l’azienda stia rafforzando i presidi interni di vendita di fibra, è importante capire se quest’ultima manovra non rischi di indebolire processi d’internalizzazione “pregiata” (dove per pregiata intendiamo lavoro con un alto margine, che sia in grado di sostenere il diverso costo del lavoro degli operatori “in house”). Non ci sfugge che spostando ulteriore forza lavoro sul 119, servizio ad alta “saturazione”, si produce un immediato effetto trascinamento che, fatalmente, attira volumi precedentemente lavorati fuori dal perimetro. Quello che vorremmo capire (che è indispensabile capire alla vigilia della verifica sul caring prevista dagli accordi del 27 marzo) è se l’azienda stia provvedendo a spostare il mix del lavoro in house verso servizi a maggiore marginalità o se stia semplicemente attuando una manovra sulla quantità di volumi senza considerare la sostenibilità economica degli stessi rapportata al costo del lavoro del personale sociale.

C’è poi un elemento ulteriore che ci preoccupa e che consideriamo assolutamente sbagliato e, in prospettiva, totalmente incomprensibile: in questi giorni ci risulta che l’azienda abbia spostato la lavorazione del customer per i canali “social network” verso un fornitore esterno. Questa è a nostro avviso una scelta miope, in totale controtendenza con quanto accade nel mercato e, soprattutto, con i progetti di reinternalizzazione. Mentre in queste settimane ci sono competitor di Telecom che riorganizzano e rafforzano il servizio “in house” del customer sui social network, Telecom Italia decide di dare fuori la lavorazione dell’unico canale destinato, nel medio periodo, ad aumentare d’importanza e, soprattutto, di volumi. E’ infatti di tutta evidenza come i canali “storici” di customer care stiano registrando, non da ora, un trend in diminuzione. La diffusione sempre maggiore delle nuove tecnologie, la seppur lenta progressione della digitalizzazione del Paese non potranno che far aumentare l’interazione commerciale attraverso i social media. Ebbene in questo contesto di scenario la dirigenza di Telecom decide di affidare in outsourcing delle lavorazioni sulle quali potrebbe, invece, investire per aumentare la professionalità dei propri operatori. A noi questa scelta sembra del tutto fuori contesto, totalmente non condivisibile e incompatibile con lo spirito e la lettera degli accordi del 27 marzo. Un’autentica follia!

E’ opportuno che, a questo punto, l’azienda cessi questa “riorganizzazione strisciante” e, a partire dal nodo principale della societarizzazione, inizi ad affrontare con le Organizzazioni Sindacali e con il Coordinamento una seria, credibile e costruttiva analisi sul Caring Services.

Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL.

 

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