Lo scorso 3 novembre si è svolto l’incontro di approfondimento richiesto dal Ministero dello Sviluppo Economico sulle proposte del Management di Almaviva per superare la chiusura delle sedi di Roma e Napoli.
All’incontro, di carattere meramente informativo, hanno partecipato le sole Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL.
Durante l’incontro i responsabili aziendali hanno ribadito come l’unica via percorribile sarebbe un intervento sul costo del lavoro per tutti i lavoratori di tutti i siti di Almaviva Contact a fronte dell’apertura a forme di compartecipazione dei lavoratori, oltre ad incentivazioni all’esodo ed a percorsi formativi.
Come già ampiamente argomentato nell’incontro del 27 ottobre, le OO.SS. non hanno potuto che ribadire come questa proposta non rappresenti in alcun modo una soluzione ai problemi di Almaviva. In un momento nel quale il Ministro dello Sviluppo Economico sembrerebbe
voler intraprendere iniziative legislative interessanti a tutela del mercato dei customer care, ed in particolare a contrasto delle gare a massimo ribasso, abbassare il costo del lavoro dei lavoratori di Almaviva rappresenterebbe, fra l’altro, un segnale incomprensibile ed in contro tendenza.
Le perdite generate dal Gruppo sono in larghissima parte frutto di un mercato sbagliato. E’ di tutta evidenza che l’uscita di Almaviva dalla crisi non potrà che passare, oltre che da un cambio di approccio organizzativo, dalla fine del ricorso dei committenti ad una contrazione
folle dei costi.
In questi anni di crisi le lavoratrici ed i lavoratori di Almaviva hanno pagato un prezzo elevatissimo in termini di contrazione dei salari e di precarietà delle loro condizioni lavorative.
Il ricorso agli ammortizzatori sociali è stato sino ad oggi finalizzato proprio al traghettamento dell’azienda verso condizioni di mercato dove la competizione torni ad essere focalizzata sull’innovazione dei processi e non sul risparmio sulla pelle dei lavoratori.
Quello che è avvenuto sino ad oggi purtroppo è un innegabile drenaggio di risorse dai salari dei lavoratori dei customer care verso i profitti dei grandi committenti (peraltro i risparmi generati da questa dinamica rappresentano una parte infinitesimale di bilanci miliardari) avvenuto paradossalmente per mantenere i livelli occupazionali il più possibile inalterati in attesa di interventi legislativi mirati. Sono stati anni difficili nei quali, purtroppo, non tutti gli impegni delle istituzioni sono stati mantenuti.
Assecondare questa deriva abbattendo il costo del lavoro dei lavoratori di Almaviva (parliamo dei loro salari minimi se non è chiaro) sarebbe uno sbaglio imperdonabile che non porterebbe alcun beneficio e che, potenzialmente, potrebbe nuocere anche alle iniziative governative presentate in queste settimane (è evidente che un intervento come quello richiesto dall’Azienda sarebbe difficile negarlo ad altre imprese del settore che pure vivono le stesse problematiche di Almaviva; è altrettanto evidente che questo rapprenderebbe la fine del Contratto Nazionale di Lavoro delle TLC, almeno per i call center a favore di contratti a ribasso e, a questo punto, sarebbe interessante capire come il Governo potrebbe pensare di correggere le dinamiche ribassiste delle gare, chiediamo quindi al Ministro dello Sviluppo Economico di agire rapidamente per vie legislative con il primo veicolo utile, così come da lui dichiarato nelle ultime settimane.
In questo contesto è del tutto evidente come l’unica strada percorribile sia il ritiro da parte di Almaviva delle procedure di chiusura sede continuando a salvaguardare, da un lato, l’occupazione con gli ammortizzatori sociali e, dall’altro, lavorando tutti con estrema convinzione al completamento di un quadro legislativo degno di un vero riequilibrio del mercato dei call center. Tutto questo con una certezza: se non si interviene in tempi rapidi sulle dinamiche dei prezzi il mercato porterà ad una veloce trasformazione del settore con la perdita di migliaia di posti di lavoro, di salario complessivo e di diritti.
Se invece il management di Almaviva continuerà sulla strada intrapresa deve esser chiaro a tutti che si assumerà la responsabilità di avviare l’azienda tutta verso il baratro. E’ di tutta evidenza infatti che la chiusura delle sedi di Roma e Napoli produrrà dei contraccolpi commerciali enormi ed un inevitabile contenzioso giuridico dall’esito imprevedibile per la tenuta dell’intera azienda.
Le energie di tutti andrebbero impegnate per ottenere leggi giuste ed il rispetto di quelle già raggiunte e non per contrastare l’ennesima forzatura aziendale che finisce per far pagare ai soli lavoratori le colpe di un mercato folle (se Almaviva chiude le due sedi mette sul lastrico migliaia di famiglie ma, crediamo, non sposta di un centimetro la situazione normativa alla base di questo disastro).
Perché l’azienda si fermi prima di innescare una dinamica distruttiva per tutte le sedi. Perché il Governo dia segnali fattivi di regolamentazione reale del settore.
Il 10 novembre e’ indetto lo sciopero per l’intero turno di tutte le lavoratrici ed i lavoratori di almaviva contact.
Si da mandato alle strutture territoriali di costruire con i lavoratori per il 10 novembre iniziative pubbliche in ognuna delle sedi aziendali per sensibilizzare tutti, istituzioni e cittadinanze, sul fatto che se chiude almaviva e’ una tragedia per le lavoratrici ed i lavoratori ma e’ una sciagura per tutte le comunita’ coinvolte!
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL