È di queste ore la notizia che un altro pezzo del lavoro del call center attualmente svolto in Italia sta per essere delocalizzato in Albania.
Si tratta di una parte del servizio Infoline di Fastweb che dalla Pglia si sta spostando a Durazzo. Un’iniziativa che stigmatizziamo con forza, anche perché fatta aggirando le norme di legge sulle clausole sociali nei cambi di appalto nei call center e perché in controtendenza con il dibattito pubblico che sta investendo il settore. Si capisce facilmente quindi perché Fastweb non abbia mai risposto alla richiesta di incontro delle OO.SS., fatta pervenire a settembre, per verificare lo stato della commessa e le prospettive occupazionali. Si comprende molto meno invece come un’azienda aderente a ASSTEL ‐ firmataria dell’accordo del 30 maggio 2016 sulla procedura di applicazione della clausola sociale e protagonista dell’accesovdibattito pubblico sul settore di call certe ‐ sia così sfacciata nel proseguire la delocalizzazione di attività. All’azienda chiediamo un immediato confronto sul destino di questa commessa, ribadendo la nostra contrarietà allo spostamento di attività fuori dal Paese. Questo episodio, ultimo di una lunga serie che vede protagoniste molte imprese di e telecomunicazioni ma non solo, deve servire da monito anche al Governo che in queste settimane si sta impegnando nella regolamentazione del settore dei call center. L’urgenza di una norma che ostacoli i processi di delocalizzazione è ormai innegabile, così come la necessità di regole che impediscano la concorrenza sleale tra le imprese sull’aggiramento del costo del lavoro contrattuale.
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