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La decisione assunta oggi dal CdA di Telecom Italia di approvare il progetto di societarizzazione della rete di accesso solleva molti dubbi e necessita da subito di esplicitare una serie di elementi tutt'altro che marginali.

La decisione non corrisponde alla esigenza di chiarezza sulla politica industriale e sul futuro dell’azienda, e rispecchia invece la presa d’atto di uno stato di necessità che rimanda ai nodi irrisolti della vicenda Telecom Italia a partire dalle modalità con la quale è avvenuta la privatizzazione.

Allo stato non è dato sapere cosa si scorpora, quanti lavoratori sarebbero coinvolti, quali gli effetti sul perimetro dell'azienda, sui suoi conti e debiti, sugli investimenti e la redditività.

Si tratta di dettagli non marginali. A ciò si aggiunga che comunque si dovrà affrontare un percorso tutt’altro che semplice, denso di procedimenti autorizzativi nazionali ed europei che potrebbero in qualsiasi momento rimettere in discussione quanto oggi avviato dal CdA oltre alla difficoltà di definire il reale valore della nuova società, dato inprescindibile per valutarne i futuri assetti.

Per questo appaiono quanto meno intempestive le dichiarazioni rese a nome del Governo in Parlamento dal Sottosegretario per i rapporti con il Parlamento.

Una questione così delicata non può essere affrontata con sufficienza ed approssimazione in linea con gli errori che sono stati fatti dalla privatizzazione in avanti.

I punti da chiarire riguardano la tenuta di una azienda che, per quanto indebolita da un assetto azionario non adeguato, resta una delle principali del nostro Paese. Nella competizione internazionale la dimensione d’azienda è un requisito fondamentale, non è un caso se nel mondo nessuna impresa del settore si è fino ad oggi separata dalla propria rete.

Ancora andrà accertato il quadro degli investimenti richiesti dall'Europa per Agenda Digitale.

Per la CGIL e la SLC appare anche del tutto intempestivo qualsiasi prefigurazione, che senza affrontare i nodi di cui sopra, già anticipi assetti societari futuri, eventuali presenze del settore pubblico, la risoluzione automatica di complessi problemi regolamentari.

L'Azienda convochi subito i sindacati e spieghi cosa ha deciso e cosa intende fare, a partire dalle certezze da rendere ai 46 mila dipendenti a cui si aggiungono le migliaia degli appalti di rete e dei call centers.

Il Governo chiarisca meglio la sua posizione in un quadro trasparente di rapporti con l'Azienda e con le Organizzazioni sindacali in un’ottica di crescita dell’economia del Paese e della occupazione quanto mai necessari.

Di certo il sindacato non è disponibile a ripetere l'esperienza negativa di questi ultimi 15 anni e metterà in campo tutte le iniziative necessarie per stabilire un quadro di certezze e di trasparenza per i lavoratori e per il futuro del nostro Paese.

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