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COMUNICATO CONGIUNTO CGIL NAZIONALE - SLC CGIL

Roma, 14 febbraio - "Le rassicurazioni del ministro Giorgetti sui dossier Rai Way e Tim ci hanno lasciati più che perplessi. Stiamo parlando di infrastrutture strategiche, eppure ci sembra che a guidare le scelte vi sia un'approssimazione preoccupante. Assistiamo ad un disastro dietro l'altro in un settore che sprofonda in una crisi sempre più grave". Così il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo e il segretario generale della Slc Cgil Riccardo Saccone commentano quanto dichiarato ieri dal Ministro dell'Economia e delle Finanze nel corso del question time.

"A parole il Ministro riconosce a Rai Way un ruolo strategico, ma il piano che viene ipotizzato prevede un suo depotenziamento. Perché è questo che accadrebbe con la fusione con Ei tower", spiegano i dirigenti sindacali. "Se poi ci fosse un'ulteriore vendita di quote azionarie, oggi della Rai, si porterebbe la quota in mano a capitali pubblici molto vicina al 30%, percentuale che, come stiamo vedendo per FiberCop, non assicura una governance saldamente pubblica. Noi crediamo invece che le torri di Rai Way possano essere utilizzate e valorizzate meglio, ad esempio per costruire una rete di comunicazioni pubblica, per le emergenze. Quello che sembra essere invece all’ordine del giorno - sostengono - è ancora una volta il tentativo di fare cassa. Un progetto che non chiarisce neanche quali garanzie ci sarebbero per l'occupazione attuale in caso di fusione".

Per quanto riguarda il dossier Tim, per Gesmundo e Saccone "è evidente che si stanno raccogliendo i frutti amari della separazione della rete. Dopo le improvvise dimissioni dell'AD di FiberCop e le paventate divisioni con il socio di maggioranza KKR sul futuro dell'azienda, ora arrivano al pettine i nodi per quello che è rimasto di Tim: il rapporto con Vivendi, un debito residuo che ancora desta preoccupazioni e soprattutto le forti criticità del mercato delle TLC. Tutto questo - denunciano - rischia di essere il preludio di un ulteriore spezzettamento con la vendita di Enterprise e Tim Brasile e il consolidamento della divisione Consumer con un altro soggetto privato. Un lungo elenco di scelte sbagliate, con impatti rilevanti sulla tenuta occupazionale, soprattutto per le seimila persone che ancora lavorano per il mercato domestico".

Il segretario confederale della Cgil e il segretario generale della Slc aggiungono poi che "l'ipotesi dell'ingresso di un soggetto come Poste Italiane nel capitale complessivo dell'azienda darebbe sicuramente prospettive migliori, ma occorre sapere quale progetto industriale la sosterrebbe. Non vorremmo fosse solo un intervento per evitare nel breve periodo problemi occupazionali, lasciando irrisolto il rebus sul futuro aziendale".
Infine, su, Sparkle, "registriamo che il 70% del capitale resterà pubblico, con una conseguente garanzia sulla governance. Fatto positivo, vista la strategicità di questo asset. Vorremmo però essere certi che non ci sia in futuro nessun tentativo di progressiva dismissione".

"Davvero si fa fatica ad immaginare uno straccio di visione di sistema dietro tutto ciò. Del resto - concludono Gesmundo e Saccone - non ci rassicura che il tavolo al Mimit del 12 febbraio sia di fatto saltato. Un'altra occasione persa per il Governo per confrontarsi con il sindacato e spiegare ciò che oggi, con il progressivo stato di crisi del settore, si fatica a capire".

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